Se nei suoi momenti di stanca il secondo film (dopo SISTER MY SISTER) di una commediografa americana trasferitasi da tempo in Inghilterra sfiora certe atmosfere più risapute del melodramma (ben filmato) sulla morte che colpisce i giovani, negli altri, quelli nei quali il vigore dell'intervento registico e del taglio della sceneggiatura intervengono attivamente, i significati riescono a lievitare.

Allora non è più soltanto un modo d'uso tenero e quasi divertito su come "resistere" all'AIDS. E nemmeno una riflessione su come accomodarsi dell'idea della morte quando si ha trent'anni. Ma di come imparare a gestire il proprio corpo, come interpretare il passaggio difficile dalla vita materiale a quella spirituale. Come la coreografa Luna vede tradita la propria mente dalla malattia di Alzheimer che avanza, cosi Tonio sarà colpito da un principio di paralisi alle gambe. Sorretto dagli altri ballerini, sublimato da questa situazione artistica terminale, riuscirà non soltanto a portare a termine trionfalmente il proprio capolavoro interpretativo; ma ad esorcizzare la malattia nella sua prospettiva ineluttabile.